domenica 31 dicembre 2017

Le mie ultime visioni dell'anno

Ho finito in bellezza, a mio modesto parere: con un film che volevo recuperare da tempo e uno...idem. Due titoli che erano in lista da tempo e che mi son gustato con calma. Uno più mainstream, l'altro un po' meno.
Ma vediamoli nel dettaglio.
Occhio agli SPOILER, grandi e piccoli.


Strange Days (Kathryn Bigelow, 1996)

L'ho sentito nominare come un film alla Matrix, come il suo gemello sfigato, visto che è stato un flop epocale a quanto so.
Per me un flop immeritato visto che da quando l'ho visto non faccio che pensarci perlomeno per qualche minuto al dì. Mi capita solo con i film che amo alla follia.
Io mi sono affezionato alla storia di Lenny Nero, che parte con il massimo della sfortuna ma che acquista carisma nel corso della storia.
E' un fattone di Squid, una sorta di realtà virtuale con cui si si sballa alle porte del nuovo millennio. Con queste immagini in soggettiva, squarci di vita degli operatori di questi minifilm verissimi ( e a volte bruttissimi, come vedrà Nero) si gode di esperienze esaltanti, anche se non sempre.
La regista per me con questo film minimizza l'aspetto fantascientifico a livello estetico ma è un gran bel risultato per quanto riguarda la storia, che resta umanissima e tragica nonostante le “stranezze” dettate dall'elemento Squid.
Consiglio di vederlo, è un noir futuristico non banale: per una volta un film mi sono innamorato di tutti i personaggi: del Lenny Nero di Ralph Fiennes (attore che adoro dai tempi di Red Dragon); della Mace di Angela Bassett, apparentemente rigida e severa con Nero ma con un grande cuore; del Philo Gant di Michael Wincott, che consegna ai posteri un Top Dollar più ambiguo; dell'adorabile Faith di Juliette Lewis, che canta come fosse una versione alterata e disperata delle cantanti da night di David Lynch.
Insomma una bella storia, bei personaggi. Grande film. La Bigelow va seguita di più, devo mettermelo in testa. Basta la prima scena comunque per elevare sto film alla leggenda.

I Spit on Your Grave 3: Vengeance is Mine (R.D. Braunstein, 2015)

Tanta roba. Dopo il remake del primo e il sequel che cambiava tutto facendo a meno della protagonista principale, qui rivediamo Jennifer Hills e le conseguenze di ciò che ha passato nel primo film, una Sarah Butler sempre in parte e sempre bellissima fa il film secondo me. Se i precedenti erano degni esponenti del rape & revenge, qui si va più sul tema della vendetta e dell'ossessione.
Questo non vuol dire che è un film per tutti i palati, non ha la patina da film mainstream e non vuole essere tale.
E' la storia di una Jennifer Hills che vuole cambiare facendo parte di un gruppo di sostegno per donne in difficoltà, vittime di stupri e abusi...ma le ossessioni torneranno prepotenti e si scenderà pure un po' in un bel delirio. A tratti mi ricorda lo speculare Julia.
Da vedere il ritorno di Jennifer Hills all'azione. La rabbia sarà nuovamente scatenata da ciò che accade ad un amica del gruppo di aiuto e rivedremo scorrere sangue, un po' come accaduto in Louisiana nel primo grande film del 2010.
Insomma in soldoni io posso parlare, soggettivamente, di bella trilogia, anche se forse avrei preferito il ritorno di Jennifer nel 2.
Per chi è a digiuno di questi film, consiglio magari di provare con il primo, il remake insomma.
Ribadisco, però , non è per tutti.

P.S Buon anno a tutti, comunque! Altri film così, avanti. Fra i prossimi film recensiti ci potrebbe essere Dark Waters di Mariano Baino, lo anticipo.




martedì 26 settembre 2017

Samara Morgan e i Cerchi che si chiudono

Non ricordo con precisione quando è uscito da noi (forse nei primi mesi del 2003), ma c'è un fatto di incontrovertibile verità: The Ring di Gore Verbinski mi ha cambiato la vita. Non so se in meglio ma è la pellicola che mi ha dato la spinta definitiva ad interessarmi all'horror e a viverlo con soddisfazione. Prima vivacchiavo di trailer e action figure mostriformi, ma stentavo nel vedere film horror perchè ne avevo paura. Samara Morgan ha sdoganato tutto, poco importa se prima sono venuti Sadako e Hideo Nakata.
Per primo ho visto il film di Verbinski e ricordo ancora il vago terrore, al cinema, che sul finale, è diventato paranoia. Per una settimana (“Sette giorni...” direbbe la cara ragazza) ho avuto timore che il televisore in salotto si potesse accendere da solo. Questo panico, questa angoscia la devo a Gore Verbinski, allo sceneggiatore Ehren Kruger e alle loro capacità nel saper infondere suspense e orrore in una storia altrimenti abbastanza classica e forse scontata. La solita maledizione rancorosa aggiornata in tempi (non più) tanto moderni.
Questo tipo di film horror e più o meno, se non con la stessa qualità e energia, la stessa paura li ho ritrovati un po' in Unfriended e in Friend Request. Due esempi , questi sì modernissimi, di film che cercano di incutere paura per la tecnologia e per me un po' ci sono riusciti.
Ma non mi dimentico delle mie giornate ansiogene, quando, seppur con un po' di divertimento, guardavo la tivù per controllare se Samara potesse fare capolino e trascinarmi in chissà quale aldilà lovecraftiano e buio.

Poco importa se il secondo film, ad opera di Nakata, è meno “technology oriented” e se il tardo terzo capitolo film di Gutierrez non è “fresco” come il primo. Non posso scordarmi di Naomi Watts, che per come la vedo io nei primi due film fa uno dei ruoli più incantevoli della sua carriera. Come non posso scordarmi di quei capelli lunghi, di quel corpo pixelloso che usciva nel mondo attraverso una stanza asettica, prendendosi una vita.

lunedì 25 settembre 2017

February: Una recensione a freddo per un film gelido

Riassumere l'opera prima di Oz Perkins (figlio di Anthony Perkins) non è il mio primo obiettivo, bensì lo è cercare di spiegare i motivi per cui non sono riuscito ad addormentarmi facilmente stanotte, dopo aver visto questo film.
Motivi che riconducono a qualcosa di atavico, di antico, vecchie paure che ognuno di noi si porta dentro per generazioni.
Raccontare la storia di tre ragazze che vivono in una scuola cattolicissima può far pensare alla classica storia di formazione tramite l'orrore. Niente di più sbagliato, in questo caso: February ha una struttura molto asettica, si parla poco, molto vien dato dagli sguardi e dalla regia che spessissimo indugia su una quotidianità disperata, solo apparentemente normale.
Ma anche quando imperversa la natura horror del film, Perkins non si stacca da un'estetica che rende tutto molto ambiguo e quindi estremamente perturbante.
Per quanto ci siano situazioni chiaramente in odore di zolfo, non ci troviamo di fronte al solito clone di The Exorcist.
Sono rimasto molto colpito in particolar modo da Emma Roberts, che già rendeva molto bene nel genere, qui secondo me nel ruolo di Joan si è superata. Senza nulla togliere niente alle altre due attrici protagoniste, Kiernan Shipka e Lucy Boynton. Del resto loro sono la forza espressiva del film, l'ancora sul quale poggia tutta la storia.
Una storia che per una volta fa paura sul serio e sa turbare.

lunedì 4 settembre 2017

Twin Peaks è dentro di noi

Spoiler elettrici disseminati in ogni logg..luogo


Nell'oscurità di un futuro passato il mago desidera vedere. Un uomo canta una canzone tra questo mondo e l'altro. Fuoco cammina con me.

Cito le parole di MIKE. Perchè lo faccio? Semplice, perchè secondo me queste parole sono un po' la chiave di lettura di Twin Peaks. Tutto, a partire dalla serie classica alla terza, visionaria stagione, appena terminata.
Si è partiti con una serie dall'impianto apparentemente mystery , che pian piano è finito per sfociare nella seconda stagione in un teso crescendo all'insegna del weird, del soprannaturale.
Tra nani ballerini, donne del mistero, incarnazioni umane di demoni, possessioni...non si può dire che Lynch e Frost non si siano sbizzarriti nell'immaginare cose strane, talvolta inquietanti o divertenti.
Da “Chi ha ucciso Laura Palmer?” Lynch e Frost han moltiplicato le domande da porsi, domande che poi in questa ultima stagione sono diventate tante.
Qualcuna ha avuto risposta, altre sono rimaste incasellate nella mente di Lynch e non avremo risposta, lui ci offre solo suggerimenti, immagini a cui appellarsi. Vuole che ci costruiamo la nostra Twin Peaks, rimarremo intrappolati nella Twin Peaks che desideriamo, così come la ragazza da salvare è destinata a non poter esser salvata, che si chiami Carrie Paige o Laura Palmer.
Dopo essersi svegliato ed essere uscito dall'involucro Dougie, Dale Cooper ha sì acquisito nuova consapevolezza ma si è anche avventurato in una nuova possibile era di terrori e dubbi.
Laura, la donna misteriosa, la ragazza che ha perso sé stessa per colpa del demone BOB (e non solo, oramai l'abbiamo intuito), la reginetta della scuola è cresciuta ma quando Dale fa per toglierla al suo destino tragico, non fa altro che scombinare l'universo di Twin Peaks. La città ma anche il modo di vedere di noi spettatori.
Ha scombinato tutto, Lynch. Ci ha ingannati con stile, facendoci credere di darci delle risposte ma allo stesso tempo ha aggiunto altri misteri e inquietudini che mai ci sazieranno, in un loop come quello a cui è probabilmente condannato anche il povero Dale, diventato una sorta di novello Jeffries, perduto per aver tentato di trovare Judy. Lei, il Male Profondo, altro che BOB. Altro che tulpa o doppelganger.
E quell'urlo finale di Laura mi rimarrà più impresso mille volte di più di Dale che fa a testate con lo specchio del bagno, chiedendo beffardamente come stia Annie.
Serie capolavoro, nella sua magnifica disturbante incompiutezza.
Vado a rivedermi tutta la filmografia di questo geniale regista, eternamente ribelle. Grazie, David. Anche per il tuo Gordon Cole, ineccepibile.
E se Kyle MacLachlan non vince niente mi arrabbio. Nei panni del solo Bad Cooper spacca molto più di un Negan qualsiasi.
Laura Dern una Diane magnetica e ambigua, Grace Zabriskie Nuova Regina del Perturbante, sempre gradita Sheryl Lee nel suo ruolo chiave.
Già, chiave, sì. Laura è la chiave, diceva la compianta Log Lady.




lunedì 28 agosto 2017

Il grande ritorno di Gore Verbinski al thriller-horror: La Cura dal Benessere

Non ne ho mai fatto mistero, né qui né altrove. Sempre pensato che il The Ring americano fosse di molte spanne sopra all'originale, per talento visivo e capacità di dare certe emozioni.
Insomma, si dimostrava capace di metterti a disagio anche quando parlava di mosche appiccicate ad uno schermo.
Questo per dire che per me Gore (grande nome) Verbinski ha stoffa da vendere. Ho volutamente ignorato i suoi film maggiormente mainstream e quindi la mia è stata una lunga attesa . Attesa di poter rivedere il nostro a fare film da brivido…ed eccoci qui.
Un tris da paura, DeHaan, Mia Goth, Jason Isaacs. Loro tre fanno il film e impreziosiscono una pellicola che già di per sé, visivamente , è superlativa.
Lui, broker ambizioso, viene chiamato a recuperare un uomo fondamentale per la compagnia dove lavora, che è andato a curarsi in una clinica in Svizzera.
Clinica dove si scopriranno molte cose brutte e per chi come me teme il mondo della medicina, delle malattie e tutte le robe che ruotano loro attorno ci sarà da "gioire".
Lì si farà la conoscenza della ragazza-bambina Hannah (la Goth), dei suoi e di altri misteri che man mano che saranno disvelati precipiteranno il nostro in un abisso di folli incubi e sofferenza.
Occhio a Isaacs, vi ricorderete per un bel pezzo del suo personaggio. Io sono fra colui che non scorderanno il direttore sanitario della clinica.
Ritmo lento e ansiogeno , scene madri distribuite con gusto (vasca, denti…what else?) e un finale secondo me non troppo conciliante.
Ha detto bene il mio amico de La Bara Volante, Cassidy, qui c'è tutto l'itinerario che fanno i personaggi dei racconti di Lovecraft: iniziale cinismo e freddezza, progressiva perdita delle difese morali/fisiche, lotta con sé stesso e per la sopravvivenza. La Cura dal Benessere è un gotico oscuro che ci fa riflettere su quanto siamo umani e fragili. Non bevete troppa acqua.



sabato 26 agosto 2017

Visioni post-vacanziere

Oscillando tra l'indigestione che sto facendo di GITS: Stand Alone Complex e il nuovo Twin Peaks (di cui parlerò a fine serie), mi son fatto qualche recupero e nuovo acquisto, tra cui:

The Cube- Il cubo (Vincenzo Natali, 1997)

Lo volevo vedere da un po' e finalmente ne ho avuto l'occasione. Grande grandissimo film che restituisce atmosfere aliene, pur non parlando di extraterrestri o di grigi.
I sei personaggi sono tutti in parte e fanno la forza del film, l'ambiente in cui sono imprigionati è asettico quanto inquietante.
Impressionante , l'effetto che faranno, non solo le trappole disseminate nelle stanze ma più che altro il terrore e l'ansia. Specie su alcuni dei sei.
Io tifavo per la studentessa comunque.

The Salvation (Kristian Levring, 2014)

Western in cui Mads Mikkelsen parla pochissimo e glie girano tanto. Del resto ritrova moglie e figlio alla stazione e poi poco dopo gli vengono uccisi. Jon fa giustizia uccidendo i responsabili, ma uno di loro è il fratello di un pezzo grosso, Delarue (Jeffrey Dean Morgan che fa Negan ante litteram ed è meno antipatico però), che non solo darà filo da torcere al protagonista ma anche all'intera cittadina dove vive.
Bel film, memorabile anche Eva Green in un ruolo dolente.



Dead Season (Adam Deyoe, 2012)

Zombie movie nella media, ma che sa scoccare qualche freccia di originalità. Come in The Walking Dead, nessuna origin story per i sopravvissuti all'outbreak, una storia intimista ma fino ad un certo punto.
Protagonisti indiscussi un uomo e una donna che si incontrano e cercano di sopravvivere insieme, ma l'isola in cui si avventurano non è sicura come credevano.
Ecco, a differenza di TWD non c'è l'esasperazione della drammaticità e del tragico, quindi forse è più di scuola romeriana, sto film. Ottimi gli zombie e il trucco, pur calati in un contesto low budget.



Autopsy (André Øvredal, 2016)

La Jane Doe del titolo originale è destinata a sconvolgere le vite di chi esamina il suo corpo. Padre e figlio, un destino e un'attività in comune, non sanno che la ragazza morta avrà in serbo più di una sorpresa, man mano che sarà “aperta”: Niente male e chiusa decisamente da brivido, mi ha spaventato.



Resident Evil Vendetta (Takanori Tsujimoto, 2017)

Il terzo film in cgi dopo Degeneration e Damnation, probabilmente anche il migliore. Forse il più horror (Shimizu produttore qualcosa vorrà dire) e quello dalle musiche più sofisticate (Kenji Kawai, quello del GITS del '95). Bel cattivo, ottimo Chris anche se il solito muscolone con poca testa; niente male il villain. Che riporta al mio nick, ma non andrò oltre.
Ah, è anche il film più zombesco dei tre finora fatti.
Certo, mi chiedo cosa faranno ora che la saga videoludica ha cambiato un'altra volta registro. In modo inequivocabilmente horror.





Il tutto è stato accompagnato da una dolce re-visione, The Ring di Gore Verbinski (2002), che per me resta più horror dell'originale.
Del resto devo rivedere tutta la saga per poter rivedere decentemente Rings ed essere preparato per un bel post cumulativo per Samara. Che sennò la faccio arrabbiare!


venerdì 18 agosto 2017

Ossessione per il Maggiore




Innocence manca ma solo perché non lo amo particolarmente: visto una vota sola.

Adesso mi sto spolpando le due serie.


lunedì 17 luglio 2017

Il Re degli Zombie ci ha lasciato...

Una vera mazzata, è come se mi fosse morto un parente.
Il regista de "La notte dei Morti viventi", "Zombi", l'innovatore dei morti viventi, colui che li ha plasmati rendendoli come li conosciamo adesso anche con TWD e tutti i film di zombie moderni…non c'è più.
Non ci credo.  Non ci voglio credere. E' venuto a mancare un mito assoluto.
Una di quelle persone che credevi immortali.
Ripeto, una botta colossale.

domenica 25 giugno 2017

E' arrivato il momento: Gli orrori di H.P Lovecraft

L'intero post contiene qualche SPOILER in libertà

Descrivere quello che ho avvertito dentro di me quando mi sono avventurato negli scritti di questo magnifico autore è impossibile; è un qualcosa che appartiene alla sfera dell'innominabile, direbbe il narratore di un suo racconto. Uno dei tanti sfortunati protagonisti di HPL, che non possono far altro che cedere all'orrore con cui si trovano a incrociare lo sguardo. Morendo o impazzendo.
Difficilmente c'è una risoluzione positiva nel mondo di Lovecraft, diversamente da ciò che talvolta accade nelle opere degli epigoni dell'autore o in quelli che si possono tranquillamente definire omaggi moderni.
I mostri inventati da Lovecraft nel celeberrimo Ciclo di Cthulhu non appartengono a niente di conosciuto, non si possono collegare minimamente ad un qualcosa di umano e nemmeno di animale. Sono creature superiori agli esseri umani, non sono interessati a noi e al contempo puntano a volerci dominare con la minaccia della loro pestilenziale, orrenda, macabra presenza.
Non sono le formiche giganti di quello che ho trovato come un deludente omaggio kinghiano all'autore, Revival.
Sono divinità blasfeme che opprimono l'umanità, non si può che rimanere sconfitti da loro.
I nomi sono tanti. Nomi altisonanti come Cthulhu, Yog-Sothoth, Shub-Niggurath, Dagon.
Si trovano città malefiche e inquietanti: ad esempio la tenebrosa Arkham, che ospita un luogo di culto per occultisti o aspiranti tali: la Miskatonic University. Lì si nascondono tomi empi e terribili, libri malefici come il Necronomicon dell'arabo pazzo Abdul Alhazred.
Ci sarebbe da citare Dunwich, una delle città più memorabili inventate dall'autore, teatro di un Orrore davvero indimenticabile. C'è poi Innsmouth, un posto accogliente. Piccola cittadina di mare dove gli uomini che la abitano...non sono esattamente uomini.
Ma entriamo nel dettaglio. Vi faccio strada negli abissi.


Consigli Lovecraftiani

Tra scritti, saggi letterari, lettere ad amici scrittori, componimenti poetici, ci sarebbe di che parlare.
Però io mi limito ad elencare ciò che trovo sia il meglio dell'autore.
Il nucleo principale della sua opera per me è il Ciclo di Cthulhu, è la serie di racconti e romanzi brevi per i quali probabilmente Lovecraft è ancora oggi celebrato.
Sono storie apparentemente scollegate tra loro ma hanno in comune la tendenza a mescolare generi apparentemente distanti come la fantascienza e l'horror, rendendole una sola cosa. In un modo piuttosto sorprendente.
Le trame sono apparentemente schematiche ma questo è dovuto al fatto che HPL pone al centro di tutto le location e l'orrore che le circonda. Quindi più che i protagonisti umani sono i luoghi e i mostri a far da padroni nel modo di raccontare del Solitario di Providence.
Spesso c'è la lenta scoperta, il disvelamento di una realtà oscura che si rivela insopportabile agli occhi degli uomini. E le conseguenze spesso sono assolutamente terrorizzanti.
Pensiamo a quello che a tutti gli effetti si può considerare il mio racconto preferito di Lovecraft, “La Cosa sulla Soglia”, che vede lo sventurato Edward Pickman Derby imbattersi in Asenath Waite, una dark lady con una malsana passione per l'occulto e la magia.
Quando si dice trovare la donna sbagliata: nelle confessioni al suo amico, cioè al narratore, Derby rivela l'ambigua mefistofelica natura della donna man mano che l'orrore si ingigantisce e penetra nel cervello del lettore.
Momenti come gli incubi deliranti di Derby o le terribili “gite”ultraterrene nella testa di Asenath non si dimenticano.
Potremmo pensare anche a “Dagon” e al suo realistico ma terribile epilogo; ai segreti di famiglia del succitato “L'Orrore di Dunwich”, in cui si arriva ad aprire la strada per il mondo ad uno dei Grandi Antichi...tramite l'inquietante personaggio di Wilbur Whateley; pensiamo poi a “L'abitatore del buio”, risposta ironica di H.P ad uno dei racconti lovecraftiani di Bloch, “Il divoratore giunto dalle stelle”, in cui un alter ego dello scrittore moriva tragicamente ucciso da una sorta di vampiro spaziale. Lovecraft risponde difatti con il tragico destino di Robert...ehm... Blake.
A cui ha chiaramente pensato anche Alan Moore nel suo serial horror a fumetti, "Providence".
Cito per ultimo ma di certo non è da trascurare l'agghiacciante crescendo di inquietanti testimonianze de "Il richiamo di Cthulhu", in cui il "mostro" più iconico dell'autore si mostra in tutto il suo ultraterreno, possente, crudele splendore. Nei sogni e nella realtà.
Poi ci sarebbero da citare anche le storie più marcatamente horror: nate probabilmente come omaggi a Poe, sono diventate ormai anche quelle delle chicche di horror classico.
Si può parlare di perle parlando di storie come “Il tempio”, “Il segugio”, “L'estraneo”, “Lui”, “La tomba”, “Nella cripta”, “Herbert West, Rianimatore”.
Ce ne sarebbe di cose da dire, ad esempio che ancora oggi si sente l'influenza dell'orrore lovecraftiano in tante opere moderne. Nei film, nei videogiochi, in quasi ogni media.
Senza Lovecraft non avremmo avuto il bellissimo film di Carpenter “Il Seme della Follia”, probabilmente il miglior film lovecraftiano mai creato, nonostante non sia prettamente ispirato ad un racconto di HPL in particolare bensì a certe atmosfere ben precise.
Senza il Solitario di Providence non avremmo avuto i Miti di Cthulhu e nemmeno la loro “continuazione” secondo altri autori: contemporanei con cui scambiava una fitta corrispondenza oppure altri scrittori che l'hanno omaggiato. Lo fanno ancora, lo faccio anch'io seppur per puro divertimento di fan...e con risultati non eccelsi.
Nella prossima e ultima gita nell'orrore cosmico, introdurrò quello che per me è il meglio della produzione “apocrifa” sui Miti.


L'Orrore a seguire: I continuatori dei Miti di Cthulhu

Avendo letto una buona parte della produzione dei contemporanei, posso dire che dal mio punto di vista i migliori autori sono : Robert Erwin Howard , il creatore di Conan il Barbaro, autore che si è cimentato in diversi lati della weird fiction. Ha dato vita ad ottime creazioni macabre di stampo lovecraftiano come ad esempio “La Pietra Nera”, gioiello tenebroso e dai momenti imprevedibilmente violenti e splatter; ci sarebbe da parlare anche del già citato Bloch, che da giovane inanellò una serie di racconti in puro stile Lovecraft, compiacendo non poco il suo illustre corrispondente.
Quaderno trovato in una casa deserta” per me è il miglior racconto che Bloch abbia mai scritto sui Miti di Cthulhu: parte da situazioni ordinarie e poi sfocia nel macabro e nell'incredibile, senza staccare lo sguardo trasognato nei confronti del fragile giovane protagonista che si trova faccia a faccia con la presenza degli shoggoth.
Pure Frank Belknap Long ha messo a segno un paio di bei brividi in "piccolo" formato: “I Segugi di Tindalos” e “L'orrore dalle colline”, romanzo breve che introduce un nuovo dio maligno, come spesso facevano altri scrittori impegnati sul filone: qui conosciamo il terribile, elefantiaco Chaugnar Faugn.
Autori moderni si sono cimentati con esiti alterni con i Miti, ma per me quello che (letture future permettendo) ha lavorato in modo più originale è stato quell'autore che recentemente sul tema mi ha un po' sorpreso negativamente: Stephen King.
Nel corso di vari decenni King ci regala:
- Una perla grezza ma già levigata con pietre di pericolosi meteoriti, (ogni vaga citazione da HPL è puramente voluta) “Jerusalem Lot”, che fa non solo da probabile prologo a “Le notti di Salem” (capolavoro kinghiano sui vampiri classici e non molto amorosi) ma costituisce il primo ottimo risultato di Stephen King in campo “Cthulhu e compari”. Orrore molto fisico ma con punte di lirismo macabro.
- “Crouch End” cioè l'apice della produzione del Re in stile HPL. IL racconto moderno ispirato all'autore, per come la vedo io.
Londra. Una donna denuncia alla polizia la strana scomparsa del marito avvenuta durante una visita nei sobborghi meno conosciuti della città. Sotto gli occhi del lettore si attiva una forte empatia, come non di rado accade con l'autore del Maine.
Poichè il racconto di Doris Freeman si farà sempre più contorto e denso di nefasti accadimenti...come quando lei racconta di aver letto il titolo agghiacciante di un articolo durante la “piacevole" gita col marito. “Sessanta dispersi nell'orrore sotterraneo”.
Ciò che accade sotto terra o nei luoghi più remoti della Terra e del cosmo, come ci ha insegnato Lovecraft, è spesso sottratto ai nostri occhi ma cosa succederebbe se certe orribili esistenze riemergessero per conquistarci?
Pensateci e auguratevi che non ristampino mai un libro di Sutter Cane.










mercoledì 21 giugno 2017

Alan Moore alle prese con i mostri di Lovecraft

Il Cortile e Neonomicon


Avevo promesso di parlare di Lovecraft e affini. Oggi è venuto il momento, anche se lo farò introducendo le opere di un autore leggermente conosciuto, un certo Alan Moore.
Ho cominciato ad interessarmi a Moore con The Killing Joke, storia che reputo in assoluto la migliore mai scritta sul rapporto tra Batman e la sua nemesi storica.
Ma passiamo a parlare di Neonomicon, il mio primo approccio al Moore lovecraftologo.
Considerato come un lavoro “alimentare” ha preso invece un posto d'onore nel mio cuore di fan di HPL, anche se Moore, anziché suggerire, mostra ed eleva gli orrori cosmici a qualcosa di diabolicamente perverso, come nella scena clou che descriverò nella sezione spoilerosa più avanti.
E' una bella storia, introdotta dal breve incipit “Il Cortile”, adattamento di Anthony Johnston di un racconto di Moore.
Si parte in quarta con il protagonista, Aldo Sax, che per l'FBI indaga su alcuni tremendi delitti a New York.
Dopo varie vicissitudini il Nostro si trova di fronte all'orrore e ne esce...diciamo...non bene.
Il cuore del volume, “Neonomicon”, è sceneggiato dallo stesso Moore e disegnato, come “Il Cortile”, dal bravissimo Jacen Burrows.
Si va avanti con vari personaggi , cercando di scoprire la verità sui delitti e sulle nefande mostruosità che albergano negli abissi...e forse anche dentro di noi.



Sezione SPOILER (non legga chi non ha letto il volume)

Se dovessi stilare una top 3 dei momenti topici del racconto direi:

1. La scena della piscina, da quando le cose precipitano e Warren viene ucciso fino all'arrivo dell'Abitatore del Profondo e le conseguenze a seguire.
In tutto questo sesso perverso che Lovecraft mai si sarebbe sognato di descrivere e momenti decisamente sopra le righe. Ma Moore scrive bene, quindi almeno io non sono rimasto così “schifato”.
2. Da “Il Cortile”: Aldo Sax impazzito che uccide la vicina di casa, inanellando parole in Aklo.
3. La scena precedente, nella quale Sax entra in casa di Carcosa e finisce per avere visioni da incubo destinate a farlo impazzire. Molto alla Lovecraft, davvero.


Gran bella storia...e meno male che doveva essere un Moore alimentare.



Funghi di Yuggoth e altre colture

Delle tre esperienze Mooriane su Lovecraft questo libro mi ha convinto meno, forse perchè contiene anche storie che hanno ben poco a che spartire con gli orrori di matrice lovecraftiana.
Però quelle storie in qualche modo sono importanti: due, cioè “La Collina di Zaman” e “Recognition”, sono precedenti a “Il Cortile”.
Il fulcro del volume sicuramente è “Le Creature di Yuggoth”, una serie di storie a fumetti collegate da una cornice narrativa molto precisa che lega tutto.
Le citazioni ai mostri di HPL si sprecano ed è tutto molto vario e tutto sommato interessante.

Certo mai mi sarei immaginato che la serie di 3 volumi appena conclusa da noi sarebbe diventata la mia opera prediletta di Moore su Lovecraft, seguita a ruota da Neonomicon come indice di gradimento personale.



Providence


Ci troviamo negli anni '10 e il giornalista Robert Black vuole dedicarsi a qualcosa di fantastico, un romanzo che sappia portare il lettore a leggere qualcosa al di fuori dalla realtà.
Ma la realtà, si sa, può giocare brutti scherzi.
Ha inizio un'avventura per certi versi opposta all'exploitation quasi ironica di Neonomicon, Providence è un lavoro piuttosto complesso che strappa definitivamente Moore al rischio di comporre un semplice omaggio poco originale. Moore espande a suo modo i miti di Cthulhu, facendo un interessante lavoro di metanarrativa, che troverà il suo culmine nel finale. Il volume 3 riscatta anche dei momenti degli altri due che francamente avevo trovato un po' verbosi e prolissi (vedere alla voce “Zibaldone”).
Degni di nota i disegni di un Burrows al suo meglio, tratta con disinvoltura scene di dialogo e scene di atmosfera.


Top 3, quindi massimi SPOILER:

1. Tutta la parte, abbastanza deviata e straniante, su Elspeth Wade, che omaggia in chiave moderna quello che forse è il racconto di HPL che preferisco, “La Cosa sulla Soglia”.
2. Il crescendo finale dell'opera, ossia la parte più metanarrativa, in cui non solo Moore fa del suo meglio per stordirci con fatti reali e fantastici, ma si ricollega in modo geniale a Neonomicon.
3. Di certo la presenza di Lovecraft non è forzata e viene rispetatto il suo carattere e il suo modo di parlare e di porsi con gli altri, come testimoniato dalla sua corrispondenza con il circolo di scrittori amici.




Moore ha decisamente fatto centro. Consiglio ai fan di Moore e di Lovecraft di leggere tutta questa epopea cosmica ricreata dall'autore.







sabato 13 maggio 2017

Alien Covenant

Peggio di quanto pensassi e guardate che ce ne vuole.

Alien Covenant, ovvero Come imparammo a odiare gli eventi prima del 1979

Scott da bravo regista imbastisce due ore tutto sommato girate bene, ma vuote.


DA QUI SPOILER E SCHIFO IN EGUAL MISURA


Non c'è trama. C'è solo il duo Walter- David by Fassbender che in un modo o in un altro muove il tutto. Il film si regge fin troppo su di lui.

L'equipaggio è composto da personaggi inutili e risibili, salvo giusto un pelo Tennessee. Ma solo per un paio di battute vecchio stile.

Gli Ingegneri e la dr.ssa Shaw spazzati via in un paio di scene composte frettolosamente (e fin lì , va bene, se serve a scordarsi Prometheus e le sue bruttezze).

Poi abbiamo androidi che imparano a suonare il flauto (trash puro da non perdere), neomorfi che sembrano cosplayer dei Regenerador di Resident Evil 4, alien in cgi che manco AvP, trapanamenti di faccia usciti da Specie Mortale e vai col tango…

Nel mezzo gente idiota che non smette di toccare roba che non deve toccare, capitani coraggiosi che ammazzano neomorfi senza pietà ma di fronte a uova strane sono curiosi….non parliamo poi della presunta eroina che non sa far altro che correre e piangere con il mitraglino in mano.
Al cospetto di sta roba qua sono tentato di considerare capolavorici i due AvP, ma veramente, visto che in definitiva come cgi non siamo a livelli molto diversi.

Se questo è il cinema del 2017 io me ne sto a casa.

P.S Durante il finale volevo uscire prima. Ignobile. Come siamo messi male.


Per altri Alien (che non siano spin off di Aliens) non avranno più un soldo.




lunedì 8 maggio 2017

Ghost in the shell: Una gran bella scoperta

Tutto è cominciato con l'annuncio del film con Scarlett Johnsson, anche se ho avuto già anticipazioni della mia recente "ossessione" in passato vedendo il suggestivo poster del film di Oshii del 1995, quello in cui il Maggiore Motoko Kusanagi traboccava copiosamente badassaggine (si dice?) e sensualità, elementi del personaggio che sono dato di fatto.
Beh, prima di vedere il nuovo film di Sanders ho voluto studiacchiare un po', vedendo i film di Oshii per poi vedere il film di Sanders.
E' andata che il film di Oshii non ha mancato di colpirmi, anche e soprattutto grazie alla musica ipnotica, quasi romantica.
Il personaggio di Motoko spacca, il resto l'ho trovato interessante ma un po' tanto criptico.
Innocence mi ha colpito decisamente meno, se non sul lato visivo: perdonate ma l'ho trovato fin troppo fine a sé stesso.
Il film di Sanders riprende il meglio del film di Oshii e lo "semplifica", non senza metterci spettacolarità ed un po' di emozioni. Io sono un po' di parte con lei, ma Scarlett Johansson fa tutto il possibile per rendere accattivante il personaggio di una fredda, anche se sexy cyberdonna.
Io dico che meritava più successo, quel film. Vabbè, io non smetto di crederci.
Quindi vai di recuperone, lo vedete qui sotto: la trilogia di Shirow, la possibilità di avere il blocco principale della Motoko originale.
Quella che col senno di poi mi tocca considerare come quella che conta più di tutte: è un personaggio molto più espressivo di quello dell'anime e non lesina badassaggine e una certa cattiveria.
Shirow nell'arco delle sue storie snocciola note e nozioni con tale frequenza, tanto che tu, lettore stordito, per un po' credi che una Sezione 9 e una Motoko Kusanagi possano esistere sul serio da qualche parte.
Il 2, Manmachine Interface, è un seguito molto particolare del primo.
Quest'ultimo è molto più sfaccettato e particolare dell'anime, complesso ma godibile.
C'è da rimanere di sasso per certe differenze con l'anime del '95.
Il 1.5 è interessante, si tratta di storie di "vita giornaliera" della sezione 9, quindi vari racconti a base di azione, esplosioni e casini vari.
Sono tentato di continuare con le serie televisive, Stand Alone Complex. Al Maggiore devo parecchio, devo ammettere che le avventure di lei e della Sezione 9 mi han gasato e ammaliato.


La dimostrazione, con i fatti, di quanto adoro il Maggiore Kusanagi e le sue peripezie psycho-cybernetiche:



domenica 2 aprile 2017

Ghost in the shell 2017

Il lato visivo appaga, seduce, attrae, conquista, è un continuo incanto per gli occhi...e non solo per Scarlett Johansson. La città è super tecnologica, veramente bella da vedere sia negli angoli più opulenti che in quelli più..desolati e desolanti.
In tutto questo si muove il Maggiore Mira, essere quasi del tutto cibernetico ma ha il cervello di un'umana.
Mi sono piaciuti i rimandi al primo film di Oshii del 1995, anche se sono perlopiù visivi e non tanto altro di più, poiché qua si è cercato di semplificare alcuni aspetti rispetto alla fonte (il manga e le altre iterazioni del franchise non le conosco).
Premetto che ho visto il film di Oshii solo di recente in vista di questa nuova pellicola live action e che in linea generale, per più di un motivo, ho preferito quest'ultima.
Principalmente l'ho preferita per tre motivi:

1. Meno filosofia con monologhi decisamente lunghi.
2. I personaggi dell'anime sono molto freddi, io sono riuscito ben poco ad empatizzare.
3. Il finale è molto diverso, quello originale mi è sembrato decisamente criptico e poco d'impatto.
Pareri miei, precisiamo.
Sanders compie un'operazione più lineare, che a mio modesto parere si segue meglio rispetto al film animato del 1995.
Ne esce una pellicola spettacolare con non pochi punti di interesse, quindi , da spettatore poco abituato al modo di raccontare orientale, indubbiamente diverso e particolare, dico che sarò più interessato a seguire le eventuali altre iterazioni di questa versione del franchise che non le altre.
Ah, per dire: negli ultimi venti minuti mi sono commosso. Non poco per una storia che parla di cyborg, no?